4 considerazioni cliniche sul dolore persistente
Il dolore persistente è una delle sfide più importanti che i clinici devono affrontare; con circa il 20% della popolazione australiana che vive con un dolore persistente (1), non è chiaramente solo un onere per il sistema sanitario, ma ha un enorme impatto sulla qualità della vita di milioni di persone in tutto il mondo.
Come fisioterapisti, vediamo il dolore persistente in tutti gli aspetti del nostro lavoro. Se siete fisioterapisti principianti o esperti, e lavorate in qualsiasi ambito, sia esso acuto, riabilitativo o di comunità, è più che probabile che vi siate imbattuti in almeno un caso di dolore persistente difficile da gestire. Che si tratti di schiena, collo, ginocchio o di tutte queste strutture, il trattamento può essere complicato ed è difficile sapere quale approccio adottare. I fattori individuali associati al dolore persistente possono renderlo incredibilmente difficile da gestire e nella maggior parte dei casi è opportuno un approccio multidisciplinare. Di seguito sono riportate alcune considerazioni per gli operatori che trattano persone con dolore persistente.
Se volete saperne di più su questo difficile argomento e migliorare la vostra assistenza, date un’occhiata a questa eccellente Masterclass: Conoscere il Dolore: una Guida Pratica alla Terapia del Dolore Persistente di Mike Stewart qui.
1) Considerare i fattori biopsicosociali
Si tratta di un’ovvietà quando si parla di gestione del dolore persistente: in ogni caso è importante considerare la persona nel suo complesso e i fattori che possono contribuire al suo dolore. Ma il trattamento del dolore persistente può diventare eccessivo e complicato. Tuttavia, un recente studio ha delineato quali potrebbero essere queste considerazioni e i consigli per la gestione del dolore persistente.
Quindi, per tutti i fisioterapisti che hanno una visione rigorosa e sistematica, ecco un’utile checklist (2):
- Convinzione che il dolore e l’attività siano “dannosi”.
- Depressione, rabbia, frustrazione
- Ansia, paura, avversione (intenzione di evitare i fattori associati al dolore)
- Catastrofizzazione (tendenza a esagerare la gravità del dolore o degli esiti associati)
Riduzione del livello di attività, rinuncia alle attività quotidiane - Disturbi del sonno
- Dipendenza dai farmaci e aumento del ricorso ai servizi sanitari
- Eccessiva dipendenza dalla famiglia e da altre figure di assistenza
- Ritiro sociale, ansia sociale
- Riposo prolungato, disabilità, problemi e assenze dal lavoro, scarso rendimento/insoddisfazione sul lavoro
- Impatto negativo sulle relazioni sociali, isolamento sociale
- Scarsa immagine di sé, bassa autostima, confusione di ruoli
- Elevato consumo di alcol o altre sostanze nocive
- Problemi di compensazione
- Difficoltà finanziarie
- Rischio di suicidio
- Vuoto spirituale, mancanza di significato, bisogni religiosi
- Ingiustizia percepita (”Perché è successo a me?”; ”Nessuno mi capisce”)
Considerazioni generali sulla gestione (2):
- Valutare il dolore e il suo impatto sul funzionamento.
- Valutare e gestire i fattori di rischio per il dolore cronico, compresi l’umore e il sonno.
- Discutere le aspettative realistiche sui risultati del trattamento (ad esempio, il miglioramento della funzionalità). Validare l’esperienza del paziente e metterlo in condizione di assumersi la responsabilità dell’autogestione. Coinvolgere altri professionisti della salute fin dall’inizio.
- Evitare indagini speciali aggiuntive non necessarie.
- Valutare e razionalizzare l’attuale terapia farmacologica, compresa una valutazione del dolore indotto da analgesici (ad esempio, rebound, astinenza).
- Gli oppioidi (comprese le formulazioni contenenti codeina) devono essere ridotti e preferibilmente sospesi.
- La gestione farmacologica deve essere attentamente considerata e può richiedere una polifarmacia razionale.
- Incoraggiare il movimento, un’alimentazione sana e la socializzazione.
- Incoraggiare il ritorno precoce alle normali attività quotidiane e al lavoro.
2) Considerare il locus of control
Una recente revisione sistematica suggerisce che la presenza di un locus of control interno è un fattore predittivo di migliori risultati del trattamento fisioterapico (3). Uno studio ha anche suggerito che per le persone con un locus of control esterno più elevato, basato sugli operatori sanitari, i risultati erano migliori durante il trattamento fisioterapico, ma non continuavano quando il trattamento cessava (4). È quindi importante considerare quale sia il locus of control del paziente e se questo possa essere alterato; ciò dovrebbe guidare il processo decisionale nello sviluppo di un piano di trattamento appropriato con il paziente.
3) Considerare le proprie convinzioni e pensare fuori dagli schemi
Per molte persone che soffrono di dolore persistente, spiegare la propria esperienza di dolore può essere notevolmente difficile e frustrante. Tradizionalmente, la retorica è che i pazienti debbano essere flessibili nel loro modo di pensare: può essere così, ma forse anche noi come clinici dobbiamo pensare fuori dagli schemi.
Nella sua Masterclass sul dolore persistente, che potete vedere QUI, Mike Stewart spiega il valore dell’uso di strategie come il disegno o l’identificazione del dolore attraverso i grafici, che possono consentire a una persona di descrivere meglio il proprio dolore. Inoltre, è stato dimostrato che le opzioni di trattamento alternative, come l’intervento musicale, sono utili per ridurre il dolore e l’ansia/depressione (5).
In una professione fondata sulla scienza, può essere difficile pensare fuori dagli schemi e, sebbene il pensiero astratto possa spaventarci, potrebbe essere proprio quello di cui il paziente ha bisogno per esprimersi e sentirsi ascoltato.
4) Considerare il potere delle metafore
I fisioterapisti amano le metafore, e per una buona ragione: il 73% delle persone capisce la scienza del dolore quando viene loro fornita una metafora rispetto all’educazione standard (6). La maggior parte di noi sa di dover usare le metafore quando cerca di educare al dolore. Tuttavia, va notato che alcune metafore possono essere utili, mentre altre possono essere dannose. L’uso di metafore basate sulla battaglia, in cui il paziente combatte contro un avversario ostile, può evocare emozioni negative e una risposta indesiderata di lotta/fuga (7).
Allo stesso modo, per lo stesso motivo, può essere importante essere consapevoli di alcune metafore basate sullo sport. In generale, i pazienti dovrebbero essere incoraggiati a smettere di lottare, a fornire soluzioni piuttosto che una battaglia costante. Nella sua Masterclass qui riportata, Mike Stewart discute l’utilità delle metafore generate dai pazienti, associate ad aspetti relazionabili come il loro lavoro o i loro hobby: questo rende le metafore significative e consolida la comprensione della scienza del dolore; in molti casi, la comprensione è il primo passo nella gestione del dolore persistente.
Per concludere
La gestione del dolore persistente può essere difficile. Tutti noi vogliamo il meglio per i nostri pazienti, ma in alcune circostanze possiamo essere limitati dalla nostra formazione e dalle nostre convinzioni. Sebbene l’educazione al dolore sia importante, dovremmo puntare a parlare di meno nelle nostre sedute, non di più: utilizzare ed esplorare le convinzioni del paziente, perché in ultima analisi questo può essere il modo più significativo e personalizzato per affrontare il suo dolore.
Se questo articolo vi è stato utile, non vi pentirete di aver dato un’occhiata alla Masterclass di Mike Stewart dal titolo: Una guida pratica alla terapia del dolore persistente.
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References
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