Cosa può e non può fare la terapia manuale

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Scritto da Dr Jarod Hall info

Mobilizzazione, manipolazione, dry needling, massaggio, rilascio miofasciale, Gua Sha, Jones Strain-Counterstrain, fascial stretch therapy, active release con strumentazione, rilascio attivo, effleurage, scraping, ecc. Ci sono così tante tipologie diverse di terapia manuale da farti girare la testa, darti ansia per la tua mancanza di competenze e svuotarti il salvadanaio per cercare di impararle tutte. Ciascuna di queste tecniche tende a concentrarsi su diversi problemi dei tessuti e molte spesso vantano un loro particolare segreto per trattare le disfunzioni nel sistema muscoloscheletrico.

Alcune di queste tecniche sono state insegnate a scuola, mentre altre sono tecniche di “livello superiore”. Alcune sono addirittura marchiate e insegnate solo dopo aver raggiunto un certo livello di esperienza. Non è raro vedere i fornitori di molti di questi approcci di terapia manuale affermare che la loro tecnica potrebbe risolvere i problemi per tutti quei pazienti ostinati che semplicemente non migliorano.

Non c’è dubbio che la terapia manuale sia un argomento attraente e una competenza apprezzata nella maggior parte del mondo della medicina fisica. La capacità di mettere le mani su qualcuno che soffre e apportare cambiamenti a breve termine che lo aiutino a sentirsi meglio ha un fascino incredibilmente potente. Ognuno di noi nello spazio della medicina fisica desidera solo aiutare i pazienti di fronte a noi a liberarsi dal dolore e tornare alle attività che rendono piacevole la loro vita. La grande questione è cosa succede realmente durante questa interazione e se la tecnica che stai eseguendo stia effettivamente facendo quello che dici. Quindi, cosa può e non può fare la terapia manuale?

 

Cosa non può fare la terapia manuale

  • Palpare accuratamente ed in modo affidabile per individuare problemi di posizione e movimento:
    • Bahram Jam e soci hanno scritto un articolo dettagliato su questo argomento, citando diverse fonti (1)
  • Determinare accuratamente e in modo affidabile quale tessuto “è la causa del dolore”:
    • Il dolore è molto più complesso di quanto possa sembrare a livello tissutale. Se questo non basta, leggi questi due libri: “Explain Pain” e “Making Sense of Pain“.
  • Allungare / stirare / deformare i tessuti connettivi come muscoli, tendini, legamenti e fascia:
    • Ci sono molti dati che dimostrano che, anche con stretching aggressivo per settimane o mesi, è molto difficile, se non quasi impossibile, modificare la lunghezza dei muscoli o influenzare le “contratture” negli adulti (2,3,4,5).
    • Solid evidence here to demonstrate how incredibly strong our connective tissues are (6, 7, 8, 9, 10, 11)
  • “Rilasciare” i muscoli:
    • Cosa significa davvero “rilasciare” un muscolo? È un cambiamento di lunghezza? È un cambiamento del tono neurale? Dobbiamo prima definire e concordare cosa intendiamo per “rilascio” prima di poterlo studiare in modo affidabile. Una volta concordato, dobbiamo determinare una misura valida che possa fornirci dati affidabili su come possiamo o meno portare ad un cambiamento. Fino ad allora, stiamo solo usando gergo terapeutico che non ha un vero significato.
  • Rimettere a posto le articolazioni:
    • Ok… sì… possiamo ricollocare manualmente le articolazioni lussate. Tuttavia, questo è più in linea con il modello di sublussazione vertebrale che non è stato ancora dimostrato dopo oltre 100 anni ed i concetti troppo comuni del fisioterapista/osteopata di una “costola bloccata” e pelvi ruotata a causa dell’articolazione sacroiliaca “fuori posto”. Puoi guardare un video di 30 minuti che ho fatto sull’argomento di valutazione e “correzione” dell’articolazione sacroiliaca qui.

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Crediti dell’immagine a Cameron Faller di Modern Pain Care.

 

Cosa può fare la terapia manuale

  • Indurre effetti biomeccanici periferici transitori:
    • Questo si ricollega principalmente al fatto che è necessario applicare una forza meccanica per avviare la catena di risposte neurofisiologiche che producono i risultati associati alla terapia manuale.
    • Teoricamente, potremmo essere in grado di indurre una riduzione temporanea della sensibilità dei meccanorecettori periferici attraverso l’uso di un leggero contatto fisico.
  • Aumentare temporaneamente il range di movimentov(ROM) e diminuire il dolore alterando l’ascensione della nocicezione lungo il midollo spinale/cervello:
    • In termini semplici, questa è la teoria del cancello, proposta per la prima volta da Melzack e Wall, vedi qui
    • Non c’è nulla di complicato in questo. Se ti colpisci la tibia su un tavolo e subito dopo ti massaggi la parte e senti un miglioramento, hai eseguito una terapia manuale efficace causando il gating degli interneuroni nel corno posteriore del midollo spinale.
    • In alcuni casi, può esserci un valore percepito significativo nel ridurre temporaneamente il dolore di una persona, per consentire una partecipazione più efficace all’esercizio, dimostrando al paziente che il suo dolore è modificabile e aprendo la discussione sulla sensibilità dei tessuti rispetto al danno tissutale.
  • Migliorare l’alleanza terapeutica e aiutare a costruire un rapporto con il paziente:
    • La terapia manuale certamente non è necessaria per costruire un rapporto con il paziente o rafforzare l’alleanza terapeutica. Tuttavia, la terapia manuale tende a fornire un certo sollievo dal dolore a breve termine (come menzionato sopra) che può aumentare la fiducia del paziente nel terapista così come la propria capacità di migliorare.
    • Inoltre, attualmente esiste una credenza culturale diffusa secondo cui la terapia manuale sia utile.
    • Tenendo conto delle preferenze e delle aspettative del paziente, così come dell'”human social grooming effect”, il contatto fisico tra persone in un ambiente sanitario può spesso essere un modo vantaggioso per creare alleanza, fiducia e comprensione.
  • Alterare l’attivazione delle regioni sovraspinali coinvolte nell’esperienza del dolore umano:
    • Questo suona davvero sofisticato, ma è in realtà solo una parte dell’effetto placebo, o “meaning response” come sta diventando ora noto (12, 13, 14).
    • Si può fare una forte argomentazione dal punto di vista etico a favore dello sfruttamento di tutti gli aspetti non specifici e indiretti dell’interazione paziente-terapista per massimizzare la possibilità di un effetto terapeutico più robusto quando si mira a esperienze soggettive come il dolore.

 

Questa lista certamente non è un resoconto completo di ogni possibile modo in cui la terapia manuale può e non può esercitare un effetto e influenzare il dolore. Realisticamente, molti di questi aspetti possono svolgere solo un ruolo molto minore nella modulazione del dolore, e probabilmente esistono molti altri meccanismi attraverso i quali la terapia manuale può apportare un cambiamento al sistema dinamico di un essere umano che sperimenta dolore e che è inserito in un ambiente specifico che dobbiamo ancora scoprire o misurare con studi ben progettati.

Cerca di evitare di interpretare ciò che NON sto dicendo. Non sto cercando di dire che si dovrebbe smettere di usare la terapia manuale nella propria pratica, dato che essa mostra di avere comunque alcuni piccoli effetti ed è spesso un’aspettativa all’interno della cura di molte persone (leggi molto di più su questo nel blog “Mark and Jarod Hate Manual Therapy“). Dico tuttavia, che gli aspetti biomeccanici della terapia manuale che molto probabilmente ti sono stati insegnati e che riporti con i tuoi pazienti sono inaccurati nella migliore delle ipotesi e dannosi nella peggiore. Potresti potenzialmente creare un effetto nocebo ritraendo l’idea di un corpo debole e fragile che non può facilmente sopportare gli stimoli della vita quotidiana senza “scombinarsi”. Fare un passo indietro per considerare cosa può e non può fare la terapia manuale è prezioso non solo per il tuo pensiero critico/ragionamento clinico, ma anche per i pazienti con cui interagisci ogni giorno.

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