Modificazione del range di movimento in riabilitazione

Lettura di 8 min. Postato in Prescrizione dell’esercizio
Scritto da Sam Blanchard info

Esistono numerose variabili in riabilitazione che possono essere modificate con l’obiettivo di ottenere adeguati livelli di stress nel paziente/atleta in fase di recupero. Nella mia Masterclass sul Ragionamento Clinico in Riabilitazione spendo un modulo nel parlare di molte di queste variabili nel dettaglio come ad esempio le varie tipologie di contrazione, stabilità, piani di movimento ed utili spunti di riflessione.

In questo blog volevo discutere un’altra variabile – il range di movimento. Come anche le altre variabili il range di movimento è interconnesso con molte di queste e noi, in presenza di un infortunio, possiamo modificarlo, progredirlo o regredirlo in base alla situazione presente.

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Preso dalla mia Masterclass sul Ragionamento Clinico in Riabilitazione

Il range di movimento è un attributo fisico che valutiamo in caso di un infortunio acuto, per dare il via libera nel ritorno allo sport e come misura oggettiva per ogni fase che va dall’ infortunio alla risoluzione completa. Il range di movimento inoltre lo esaminiamo per monitorare lo stato dell’articolazione e/o per valutare possibili limitazioni e diminuire quindi il rischio di infortunio. Si tratta di un aspetto che deve essere considerato ogni volta che si prescrivono esercizi, sia in progressione che in regressione. Per questi motivi, esaminiamo un po’ più in dettaglio come e perché il “range” è così importante.

 

Curva lunghezza – tensione

Un fattore contributivo al range di movimento è la lunghezza muscolare e per comprendere come possiamo influenzarla abbiamo la “Curva Lunghezza-Tensione. Sulla curva abbiamo tre zone chiave e cioè l’inner range, la lunghezza a riposo e l’outer range.

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Consideriamo l’interazione tra filamenti sottili e quelli invece più spessi all’interno di un sarcomero. In particolare i ponti trasversali di miosina con l’actina. Con il sarcomero nel suo massimo inner range i ponti trasversali sono pienemante formati e dunque lo spazio per la contrazione è minimo se non nullo. In questo range non andremo a produrre alcuna forza o al massimo un crampo.

In alternativa, all’altra estremità della curva abbiamo l’outer range, questo potrebbe essere il punto in cui abbiamo una o due teste di miosina che formano ponti trasversali, ma il sarcomero sarà ampiamente inefficiente poiché ha una lunga strada da fare per creare una contrazione e produrre una qualsiasi forza reale. Quando andiamo oltre il punto in cui può verificarsi una contrazione attiva significativa, abbiamo aumentato la tensione passiva del muscolo.

Un buon esempio di questo fatto è l’uso della contrazione PNF, in cui otteniamo una piccola contrazione prima di tentare di modificare la lunghezza passiva di un muscolo. Dovremmo essere consapevoli che in questi range le persone sono più deboli per questo motivo: semplicemente non possono produrre la stessa forza a causa della lunghezza muscolare presente.

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Il mid range è la zona in cui siamo più efficienti, grazie a un buon numero di formazioni di ponti trasversali ma con spazio sufficiente per la contrazione (concentrico) o l’allungamento (eccentrico). Il corpo è molto intelligente: la nostra lunghezza di riposo dei sarcomeri è in questa posizione intermedia, quindi possiamo tendere un muscolo in modo rapido ed efficace. Da un punto di vista riabilitativo, se stiamo cercando di aumentare la lunghezza del muscolo/sarcomero, dobbiamo assicurarci di rendere forti le persone anche in questi range.

Diamo un’occhiata ad un esempio che può aiutarci in questo contesto

Il bicipite femorale ha la sua massima contrazione volontaria in flessione, lavorando come agonista, a 0 e 45 gradi. Esso è più debole a 90 gradi (1); ricordi cosa abbiamo detto riguardo l’inner range ed i sarcomeri che non hanno nessun altro posto dove andare per la loro contrazione? La lunghezza di riposo dei fascicoli è di 40 gradi, quindi la struttura è più efficiente per una massima contrazione in questo intervallo. Non essere confuso, la lunghezza a riposo dei fascicoli non è sempre in una posizione articolare di neutro: è il punto in cui il corpo pensa “è qui che devo essere forte, rapidamente”.

 

Spazio articolare

Il range di movimento non è influenzato solo dalle strutture attive, ma è anche fortemente influenzato da strutture passive come osso, legamento e capsula articolare. Un buon esempio è l’anca: una mobile articolazione ball & socket dove il range di movimento dipende dalla versione femorale (ante o retro), dall’angolo della testa del femore (angolo alfa), dalla copertura dell’acetabolo (superficiale o profonda) e dalla presenza o meno di una deformità cam (eccessivo arrotondamento della testa del femore) (2). In definitiva, una diminuzione dell’antiversione femorale, una maggiore copertura acetabolare e una lesione cam diminuiranno significativamente il raggio di rotazione interna dell’anca (2).

Questi aspetti non sono influenzabili da noi che siamo clinici e non chirurghi, ma conoscerli potrebbe far risparmiare tempo a noi ed all’atleta un notevole disagio evitando di “martellarlo” continuamente con lavori sulla rotazione interna con guadagni molto piccoli. In questi casi invece lavorare sulla mobilità generale dell’anca (flessione dell’anca, tilt pelvico, rotazione esterna dell’anca) potrebbe essere più vantaggioso.

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Come per tutte le patologie MSK, la presenza di infortuni precedenti è il più grande fattore predittivo di lesioni e dolore. Uno studio di Tak sugli infortuni all’anca nel calcio ha dimostrato che il ritorno allo sport dopo un infortunio con un range dell’anca ridotto aumenta significativamente la possibilità di problemi futuri (3). Questo studio ha scoperto che ciò era indipendente dalla presenza o meno di una deformità cam, suggerendo che la morfologia è una cosa ma il ripristino del range ove possibile rientra nelle nostre capacità.

Collegando insieme lo spazio articolare e la lunghezza muscolare, dobbiamo considerare quando la patologia influisce sulla stabilità rispetto alla rigidità. Nel 2015, ho scritto un pezzo riflessivo esplorando la gestione a metà stagione di una lesione del labbro acetabolare dell’anca (4). Questo è un ottimo esempio di compensazione del corpo in cui una aumentata traslazione dell’articolazione femoro-acetabolare comporta rigidità e fissazione da parte della muscolatura circostante (5,6). Tipicamente, adduttori e ileopsoas cercheranno di aumentare la congruenza nell’articolazione e quindi si presenteranno come “tesi” e con range ridotto. L’idea sbagliata qui è che siano “troppo forti”, quando in realtà è più probabile che forniscano stabilità in assenza di controllo da qualche altra parte.

Considera le esigenze dello sport. Non cadere nella trappola di lavorare attraverso quelli che io chiamerei i range di azione della persona”- vera flessione, estensione, abduzione e adduzione anatomiche. Guarda l’allenamento e le competizioni in quasi tutti gli sport e vedrai raramente movimenti sagittali o coronali isolati. I movimenti tendono ad essere combinazioni accompagnate da movimenti trasversali del corpo rispetto all’arto. Assicurati che questo sia replicato nella tua riabilitazione.

 

Piani di movimento

Sia che tu lo consideri un piano di movimento oppure un range di movimento, dovresti iniziare con la contrazione in posizione neutra in caso di lesioni acute. Ciò ti consente di progredire attraverso piani non interessati e poi successivamente a piani interessati dall’infortunio prima di aumentare la complessità del movimento attraverso esercizi multiplanari.

Prendiamo come esempio una lesione degli ischiocrurali ed introduciamo un concetto, che io definisco “controplanare”.
Se sappiamo in quale piano di movimento è stato lesionato un tessuto, in genere per i muscoli posteriori della coscia dovrebbe essere uno sprint o un allungamento nel piano sagittale, gli esercizi controplanari potrebbero essere impiegati all’inizio per far lavorare sinergicamente i muscoli posteriori della coscia. Ad esempio, un ponte adduttori, un’abduzione d’anca oppure l’esercizio qui sotto: equilibrio su una gamba con rotazione della parte superiore del corpo.

In questo esercizio gli ischiocrurali lavorano ad un basso livello per controllare il femore con bacino e ginocchio fissati, lavorando contro la rotazione trasversale che si verifica nel tronco ma non allungandosi sul piano sagittale. Pertanto, gli esercizi controplanari possono offrire una buona opportunità per caricare in modo ottimale nelle prime fasi riabilitative.

L’esercizio di equilibrio ad una gamba rappresenta un buon esempio di progressione sul piano trasversale. Esso offre stabilità sul piano sagittale all’arto inferiore e mobilità attraverso il piano trasversale al tronco. Definiamo questo esempio “dissociazione” ed esso è piuttosto complesso da eseguire, ma il processo è ciclico. Si lavora sulla stabilità e successivamente sul range attraverso movimenti controllati.

Nella mia Masterclass sul Ragionamento Clinico in Riabilitazione fornisco altri esempi di questo approccio a più piani di movimento.

 

Conclusioni

In questo blog abbiamo esaminato diversi aspetti, dall’inner all’outer range, prendendo in considerazione gli infortuni acuti ed i requisiti fondamentali per il ritorno allo sport. Si spera che la discussione ti abbia fornito utili spunti di riflessione su come applicare le informazioni presentate a diversi tipi di infortuni attraverso adeguati approcci riabilitativi. Queste informazioni non vogliono essere line guida rigide e, essendo sempre aperto a nuove idee e concetti, sentiti libero di condividere le tue idee ed interpretazioni.

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